Chiamata anticamente Amuranium, Murano si trova a Nord-Est di Venezia, di fronte a Fondamente nove, ed è raggiungibile grazie al Canal dei Marani scavato per le barche da carico.
L’isola con il suo abitato immerso nella tranquilla serenità dei suoi giardini ed orti, delle sue case, è anche la sede delle centenarie fornaci che producono i famosi e stupendi vetri soffiati.
Asilo e rifugio per i profughi della terraferma veneta, scampati alle invasioni barbariche, Murano lungo il corso del tempo crebbe in prosperità ed in popolazione, raggiungendo il suo massimo splendore nel XVI sec.
Gelosa della propria autonomia da Venezia ricevette numerosi privilegi. Infatti, potè godere di una amministrazione locale ed usufruire dei suoi antichi statuti, prima sotto un Gastaldo Ducale, poi, dal 1272, sotto il Governo di un Podestà.
Vi fu creata una zecca per il conio di “oselle”, cioè delle medaglie-monete con lo stemma del Doge in carica, del Podestà e del Camerlengo dell’Isola e venne istruito il libro d’oro dove erano iscritte le famiglie originarie.
Lungo il corso del tempo i maestri vetrai muranesi sperimentarono sempre nuove tecniche creative quali, ad esempio, il vetro soffiato, piatti dipinti a freddo, incisioni a punta di diamante, vetro dorato a foglia ed a fuoco, vetro ghiacciato e vetro lattimo.
I più antichi manufatti, coppe e bicchieri con semplici decorazioni profane, risalgono alla metà del 1400.
Solo tra il XV ed il XVI secolo comparvero oggetti in vetro soffiato bianco trasparente e cristallo.
Con l’inizio del 1600 la lavorazione del vetro fu caratterizzata da un vero e proprio boom, dovuto sia ad una prorompente ricchezza decorativa, sia all’aumento dello spessore del vetro ora intagliato a ruota.
La caduta della Repubblica nel 1797 provocò un lento declino dell’arte vetraria nell’isola, che si risollevò nel 1866 con la lungimirante opera del maestro Antonio Salviati.
Vista l’unicità dei vetri di Murano, è doveroso ricapitolare, anche solo sommariamente, le modalità di fabbricazione: con una semplice canna, il maestro vetraio toglie dalle padelle infuocate un bolo di plastica vitrea incandescente, ci soffia dentro e la pasta si gonfia, si curva, si dilata e prende la forma voluta dalla fantasia del creatore. Poi l’oggetto creato passa in una lunga galleria di raffreddamento in cui si consolida e prende la forma definitiva.
dalla Guida “Per non perdersi a Venezia. Visite guidate del cento storico” di Andrea e Franco Battanoli